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C_SKA

Testo estratto liberamente da:

https://dartema.com/2018/10/01/intervista-a-c_ska-past-up-artist-fiorentina/
https://www.culturefuture.net/laltra-faccia-di-firenze-unintervista-alla-street-artist-c_ska/
http://www.goldworld.it/238739/arts/street-art/c_ska-e-la-sua-intima-forma-di-comunicazione/

 Che mi dici di te e tua vita artistica?

Non nasco artista e forse non lo sono nemmeno. Sono una persona curiosa del mondo, delle persone, dei luoghi e di come le idee possano entrare in circolo e concatenarsi. Da piccola disegnavo tantissimo, poi ho amato i numeri e le combinazioni, in adolescenza ho iniziato a scrivere poesie e poi ho intrapreso la strada del giornalismo. Tre anni e mezzo fa, in un periodo non proprio bello della mia vita, ho sentito la necessità di approdare nuovamente all’immagine. Il disegno parlava alla mia interiorità, ma allo stesso tempo riusciva a parlare agli altri. Fotografavo la strada e i luoghi abbandonati che mi hanno sempre attirata in maniera magnetica fin da piccola. Non sono stata io a scegliere la strada, ci siamo scelte a vicenda. È il posto dove accade tutto, dove si innescano relazioni tra i più disparati individui, uno dei pochi luoghi rimasti veri dove mi sento realmente me stessa e viva!

Che cosa significa street art per te?

Per me la street art è un potentissimo mezzo per comunicare e per parlare alle persone. Dove non arriva la parola parlata o scritta arriva l’immagine, immediata, sintetica, come un lampo. L’arte urbana può raggiungere un pubblico molto vasto ed eterogeneo ed è quindi compito degli artisti utilizzare questo mezzo con la testa, non solo per veicolare la propria interiorità ma anche per far arrivare messaggi, decidere l’agenda setting delle questioni su cui porre l’attenzione, influenzare l’opinione pubblica. Questo l’ho imparato col tempo e, anche se credo che ognuno sia libero di esprimere quello che pensa sia più giusto esprimere, sento che abbiamo in mano un mezzo così potente, e utilizzarlo per promuovere un pensiero a favore di una causa, o per far riflettere su una questione, credo sia la via più giusta. Mi entusiasma l’istinto da cui nasce, l’energia che sprigiona l’atto di restituzione agli altri, la condivisione con altre menti e pensieri, la bellezza che genera.

Hai uno stile personale e memorabile, con un alto valore di riconoscimento. Come hai sviluppato il tuo stile e la tua tecnica? Da dove prendi ispirazione?

Mi esprimo tramite l’illustrazione e la tecnica del paste-up o poster art, una tecnica che coniuga il lavoro in studio o a casa con pittura acrilica o pennarelli, nel mio caso, all’affissione in strada in posti più o meno legali (che ti genera quel brivido e ti permette di comunicare con altri stili in un unico grande messaggio). Ho sperimentato anche la superficie muro e la sua ruvidezza mi piace, mi piace come assorbe il colore e come leva via pensieri ed insicurezze. Da piccola adoravo Van Gogh e Picasso e credo che qualcosa del secondo si possa intuire in alcuni miei lavori, così come la metafisica di Dalì, o il surrealismo di Frida che mi ha rapita più da grande. Mi piace immaginare situazioni e mondi assurdi con elementi simbolici che parlano della mia interiorità ma anche della società. All’inizio i disegni si palesavano come visioni che dovevo per forza riportare su foglio, ora questa frenesia si è attenuata ma è stato bello anche se faticoso vivere per un po’ in un universo parallelo. In questi ultimi anni sono rimasta affascinata dalla Frida donna che mi ha contagiata anche artisticamente. Sono stata nella sua casa in Messico, ho visto sue mostre, ma solo dopo aver letto la sua biografia ho capito quanto mi fosse veramente simile come donna, con la sua fragilità e forza allo stesso tempo, con la sua smania di bellezza, col suo dualismo in cui una parte alimentava l’altra.

Tu disegni principalmente figure femminili. Descriveresti la tua arte come arte femminista? Le donne sono ancora sottorappresentate nel mercato dell’arte generale. In base alla tua esperienza, questo vale anche per la scena dell’arte di strada? 

Sicuramente le mie opere vogliono mandare il messaggio che la sensibilità femminile e l’energia che ne scaturisce devono essere viste come un potenziale, come un arricchimento sia nella vita di tutti i giorni sia nell’arte. In quanto generatrici di vita e bellezza possiamo infatti dare un punto di vista completo sul mondo. Come donne abbiamo inoltre un approccio molto più intimistico verso l’arte e questo lato credo possa trasparire tanto nelle mie opere quanto nelle opere delle altre amiche artiste. Purtroppo nella scena dell’arte urbana il lato femminile non ha ancora conquistato il posto che merita, forse influisce anche la difficoltà di fare ‘gavetta’ per la strada dato che per le donne è sicuramente più difficile andare da sole in determinati contesti semi-abbandonati ed esercitarsi e migliorare la propria arte o forse perché come in tutti i contesti dobbiamo durare il doppio di fatica per arrivare ad alti livelli. Ma ci sono tantissime artiste che ci sono riuscite con grandi risultati, mi vengono in mente Gio Pistone e Camilla Falsini, Alessandra Carloni e tante altre, che sono per me fonte di ispirazione e forza.

Quanto sono autobiografiche le figure femminili che ritrai?

La mia attività artistica inizia meno di due anni fa in un momento della mia vita di trasformazione e cambiamento, in cui ho sentito che la parola non bastava più. È nata, così, la necessità di comunicare attraverso il disegno. Le immagini femminili che ritraggo sono autobiografiche non tanto esteticamente, quanto piuttosto interiormente, divenendo specchio delle mie sensazioni, pensieri ed emozioni. A partire dalla prima figura femminile che ho disegnato (da me ribattezzata SKAwoman), che ancora accompagna le mie creazioni, fino alle ultime figure più metafisiche ed iconiche che rappresentano l’essenza di quello che è per me la donna, con la sua sensibilità, bellezza, ma allo stesso tempo anche con una grande forza dettata dal cuore e dall’istinto.

Ci sono alcuni elementi ricorrenti nei tuoi lavori, la bocca ‘cucita’, il cuore, l’occhio, il ventre esposto. Che significato attribuisci a questi simboli? Cosa rappresentano?

Nel primo disegno, che ho realizzato all’interno di alcuni tappini di birra che abbandonavo per la città, ritraevo un mezzo busto maschile che aveva il cuore posto sull’occhio sinistro e il cervello al posto del cuore a sottolineare il legame, ma anche la ‘rivalità’, tra cuore e testa (BRAINvsHEART). Immediatamente dopo è nata la prima SKAwoman ritratta a busto intero (l’immagine più rappresentativa tra i miei lavori da cui ho realizzato anche i primi stickers) sempre con il cuore sull’occhio, invito ad osservare e filtrare il mondo con amore e bellezza, ed il cervello che slitta dal cuore alla pancia a simboleggiare l’istinto con cui affronto spesso la vita. Il ragionare di pancia, appunto, è una caratteristica tipica di molte donne, che di frequente agiscono in base ai propri sentimenti e sensazioni. Le mie SKAwomen ti osservano, hanno una bocca protesa verso l’infinito, non hanno bisogno di parlare perché dicono tutto con lo sguardo. Le braccia che cadono lungo i fianchi e si incrociano dietro la schiena, vogliono mettere in risalto la zona del ventre che diventa una finestra aperta verso il mio Io interiore, talvolta ‘cornice’ di elementi a cui voglio dare risalto, altre volte ‘deposito’ delle mie emozioni o ancora ‘nido’ che simboleggia la maternità. Il messaggio che voglio far passare è quello che non bisogna aver paura delle proprie emozioni, belle o brutte che siano, e della grande sensibilità verso quelle altrui ed il mondo che ci circonda. Viviamo in una società sempre più sterile, dove le emozioni vengono spesso analizzate, ma quasi mai accolte ed accettate. Il mio vuol essere un inno a vivere di sensazioni ed emozioni e soprattutto un invito a non vergognarsene mai.

Francesca e C_ska: due facce della stessa medaglia? Come convivono queste due te?

Sicuramente la personalità di ognuno ha più sfaccettature, soprattutto quella di chi arriva ad esprimersi attraverso una qualsiasi forma artistica. Francesca è prima di tutto madre, con le sue fragilità, ma anche con una grande sensibilità alla vita che in certi casi la porta ad immedesimarsi fin troppo nelle emozioni altrui; ama esprimersi attraverso la scrittura, la poesia, il giornalismo; è curiosa, creativa e vede il mondo con gli occhi di una bimba. Ha anche molte paure, momenti di tristezza, e un po’ di difficoltà a gestire le emozioni. C_ska è nata per esprimere quel lato di me più istintivo e selvaggio, ragiona poco e vive col cuore. Subentra in aiuto di Francesca quando diventa troppo riflessiva e razionale. Si compensano, ma si alternano. Talvolta è difficile trovare un punto di contatto tra questi due lati di me che hanno esigenze e stili di vita diversi l’uno dall’altro, ma che piano piano si stanno sicuramente avvicinando ed influenzando a vicenda. Il risultato artistico potrebbe essere un connubio tra parola e disegno.

Raccontaci il tuo rapporto con il muro. Che emozioni hai provato ad esprimerti sulla grande superficie nelle ultime esperienze artistiche che hai avuto?

Per me l’arte è sicuramente qualcosa di molto intimistico e quindi riesco ad esprimermi al meglio attraverso il disegno, fondamentalmente perché non ho un pubblico che mi osserva, e perché posso essere io a decidere se esporre un’opera in strada, attraverso la tecnica della poster art o paste up, o tenerla solo per me. Di muri ne ho fatti veramente pochi (5 o 6) e, ogni volta che mi approccio alla grande superficie, l’emozione prende spesso il sopravvento, anche per la mancanza di pratica. Non studio mai i soggetti e finisco spesso per improvvisare, anche se devo dire che il risultato finale non mi dispiace affatto proprio per la mancanza di perfezione. Il muro è tutta un’altra cosa rispetto alla carta: rimane nel tempo, è esposto ai giudizi ed è una superficie molto più ampia su cui è più difficile gestire le proprie emozioni. Avevo già avuto delle piccole esperienze alla jam di Officine Meccaniche Reggiane nella primavera 2017 e fatto alcuni muri a Firenze, ma solo dopo l’incontro con 3vetro posso dire di essermi davvero divertita a fare il ‘primo’ muro; mi ha presa per mano e con la sua tranquillità mi sta aiutando a buttare giù alcune barriere, quindi… Grazie!


Cuori, occhi, cervello e bocca protesa verso l’infinito.

C_ska si definisce una comunicatrice più che un’artista, ha creato la sua personale ed intima forma di comunicazione rivolta soprattutto al mondo femminile.Le sue opere vogliono veicolare messaggi importanti, potenti di chi nonostante abbia un’anima fragile, può farcela.

Come ti sei avvicinata al mondo della street art?

Mi sono avvicinata a questo creativo e bizzarro mondo facendo fotografia in luoghi abbandonati ed alle opere che trovavo in città. 
Venivo rapita dai muri e dalle varie forme espressive che trovavo per strada e cercavo di interpretare i messaggi di cui si facevano portatori. Da lì la voglia di scoprire chi si celasse dietro le opere. 
Ho unito la mia passione per il giornalismo a questa nuova forma di “dialogo” per immagini, raccogliendo le mie interviste su un magazine on line. 
Successivamente sono passata a scrivere per – FUL magazine – creandomi il mio “eclettico” spazio con un occhio sempre attento a quello che accadeva nel tessuto urbano. 
Parlare di altri non mi bastava più, in quel momento della mia vita, sentivo che la parola scritta e parlata non fosse più sufficiente. Avevo bisogno anche io di raccontarmi e raccontare quello che accadeva intorno, attraverso un veicolo più immediato, l’immagine.
Ripresi carta e matita, mia passione da sempre, e mi avvicinai alla tecnica del Paste Upche coniuga la preparazione di opere a casa o in studio all’affissione in luoghi abbandonati o in strada.

Ricordi le sensazioni provate la prima volta che hai disegnato/dipinto?

Ricordo il primo disegno, diventato icona del mio percorso artistico, riprodotto anche su sticker che mi ha fatta conoscere un po’ in giro per l’Europa.
La mia SKAwoman ‘bnw’ – con il cuore rosso disegnato sull’ occhio sinistro, la bocca protesa verso l’infinito a raccontare le “parole non dette”, al posto dell’intestino un cervello che veicola il messaggio: ‘Bisogna vivere d’istinto, di pancia e soprattutto filtrare il mondo attraverso il cuore’.
Ricordo, col sorriso sulle labbra, la prima jam improvvisata in una fabbrica di Firenze.
Non ero totalmente pronta a dipingere su muro, ma quel primo dipinto, dai tratti quasi “primitivi”, mi ha aiutata ad affrontare il giorno successivo la jam alle Officine Meccaniche Reggiane, primo momento vero di condivisione con artisti da tutta Italia e da tutto il mondo.

“Bisogna vivere d’istinto, di pancia appunto, e soprattutto filtrare il mondo attraverso il cuore”.

Vicino a me, per farvi capire, avevo Bisser Bisser… Ripenso a quel giorno con tanta bellezza…ero riuscita finalmente ad aprirmi agli altri e a vincere i “giudizi” che mi hanno sempre condizionata e che raffiguravo nelle mie prime opere sotto forma di occhi.
Non importava cosa sapessi fare, se fossi all’altezza o meno, quel giorno avevo solo una grande voglia di stare insieme ad altre persone che condividevano con me quel momento.

Come si è evoluta la tua arte negli ultimi anni? Quali tecniche utilizzi?

La tecnica espressiva che mi ha vista nascere e alla quale sono più legata è sicuramente il Paste Up, mi permette di lavorare, di essere due volte mamma, dandomi l’opportunità di disegnare nei ritagli di tempo e di far girare i miei messaggi e le mie opere per il mondo attraverso Festival dedicati a questa forma espressiva. 
Ma il mio obiettivo finale, come quello di ognuno, credo sia il muro. 
Sono autodidatta e non ho fatto studi artistici, la mia sfida credo sia quella di vincere la superficie grezza e ampia del muro per riuscire a riportare la mia interiorità e quello che mi passa nella testa attraverso la pittura, cercando di vincere paure ed insicurezze e lasciando che l’istinto faccia il suo corso. Uscire dalla mia “comfort zone” per raggiungere più persone possibili con i miei messaggi e la mia sensibilità.
Anche se la mia tecnica non sarà mai perfetta, sento che il mio scopo sia arrivare, comunicare attraverso i muri.
Non mi definisco artista, mi definisco una comunicatrice che decide di volta in volta se esprimersi attraverso la parola o attraverso le immagini…

Cosa vuoi comunicare attraverso le tue opere?

L’approccio all’arte nasce, nel mio caso, da una necessità impellente di affrontare un momento particolare della mia vita. 
Disegnare era come respirare… Giravo col mio piccolo blocchetto e, quando un’idea mi passava per la mente, avevo l’esigenza di palesarla su carta. 
È stata linfa vitale, la mia terapia. 
Il mio obiettivo è quello di parlare soprattutto alle donne, fare arrivare loro il messaggio che si può essere forti anche se fragili e che, la fragilità unita alla sensibilità, può diventare motore per generare bellezza. 
Questa (mi scusino i maschietti) è una caratteristica che appartiene soprattutto all’universo femminile: siamo madri, ci rigeneriamo continuamente, trovando nella nostra sensibilità la nostra forza. 
Disegnare era come respirare!

Quindi le donne che raffiguravo nelle mie opere si facevano spesso portatrici di questo messaggio, del fatto che possiamo vincere anche senza arroganza e forza fisica, possiamo vincere attraverso l’amore, la delicatezza, la bellezza di uno sguardo. 
Col tempo sentivo il dovere di parlare anche di altro.
Riportare alla memoria esempi di donne che ci hanno rese libere, che hanno portato avanti cause senza rinunciare alla sensibilità e alle loro debolezze. 
Spesso gli occhi delle mie donne pongono domande, a volte arrivano come un graffio portandosi dietro verità forti, in altri casi sono gli occhi accoglienti della madre, generatrice di vita. 
Ho vinto nel mio piccolo, perché ho smosso degli animi!
Molte donne trovando le mie opere in strada mi hanno iniziato a scrivere, a raccontarmi le loro storie e io ad ascoltarle e a rispondere. 
Questo era quello che volevo… che l’arte fosse un mezzo per raggiungere animi come il mio.

Venerdì, 03 Luglio 2020

 

La fotografia non è solo impressione di immagini su un supporto digitale o su carta. Non è solo tecnica e meccanica.
"Siamo fatti della tesssa sostanza dei sogni". Per questo desidero che le mie fotografie narrino ricordi ed emozioni.

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